CAMPOBASSO, 9 MAGGIO 2019 – MICONE: DOBBIAMO RIACCENDERE IL LUME DELL’ENTUSIASMO E DELLA SPERANZA IN UN’EUROPA GIUSTA, DEMOCRATICA, RAPPRESENTATIVA, CON UNA FORTE IDENTITÀ SCATURENTE DALLE SUE DIVERSITÀ
“Questo giorno deve servire a tutti gli europei per ricordare e riscoprire quale capolavoro politico e programmatico, per affrontare le sfide del futuro, fu l’intuizione di grandi statisti, tra cui il nostro De Gasperi, l’Europa Unita”.
Lo ha detto il Presidente del Consiglio reginale Salvatore Micone in occasione della Festa dell’Europa, conosciuta anche come Giorno Europeo.
“Un’idea, quella dell’Europa raccolta sotto un’unica bandiera – ha continuato il Presidente Micone-, che germogliò, forse nel momento più buio del “Vecchio continente”, immediatamente a ridosso e durante la seconda guerra mondiale; si sviluppò poi nel complesso periodo della “guerra Fredda”; ed ebbe quindi contorni economico-politici più chiari e stabili dopo il crollo del muro di Berlino. Un percorso non certo terminato, se è vero come è vero che le incertezze sul futuro e sulle strategie interne e geopolitiche di quella che oggi chiamiamo Unione Europea sono molteplici. Ma del resto, che il cammino sarebbe stato lungo e complesso, lo preannunciava la stessa dichiarazione del Ministro degli Esteri francese Robert Schuman, il 9 maggio 1950, che rilevava come “l’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Ma forse la soluzione alle incertezze, e quindi la metà del percorso, ieri come oggi, va ricercata e individuata nelle “realizzazioni concrete”, l’Euro è certo una di queste, che però deve avere anche come conseguenza di “concretezza” la realizzazione di una struttura politica più forte, riconosciuta e partecipata, sia al suo interno che al suo esterno. Realizzazione che devono necessariamente portare ad una “solidarietà di fatto” tra gli stati, tra i popoli, tra i cittadini, tra le istituzioni, tra le economiche, tra i vari strati mondo sociale e quello culturale che compongono la UE”.
“Dal 1950 ad oggi –ha continuato il Presidente- forze politiche, anche nel nostro paese, definite “euroscettiche”, sono diventate “europeiste”, mentre altre, insieme a importanti strati della popolazione in tutto il territorio europeo, e in quello italiano, sono mutati da europeisti in euroscettici. Dobbiamo capire cosa è successo. Dobbiamo ritrovare l’entusiasmo, la volontà e la lungimiranza, di voler crescere armonicamente insieme e di voler tutelare e promuovere una cultura e una civiltà millenaria che non ha eguali nel pianeta. Dobbiamo ritornare alle origini, dobbiamo far ricorso ai pensieri e alle ispirazioni di De Gasperi, di Schuman, di Adenauer e di tanti altri, nel voler costruire un organismo composto da popoli che nei secoli, ma soprattutto nella seconda guerra mondiale, si erano combattuti aspramente, ma che avevano una radice identitaria comune che li impegnava a dover creare un’era nuova di pace e concordia in cui sviluppare quelle scienze e quelle arti tipiche europee che esaltano l’uomo e lo fanno crescere nel suo percorso nella storia. Quindi, come nel lontano 1950, la ricetta non può che essere più concretezza e più solidarietà tra gli europei”.
“Per esperienza personale –ha concluso Micone- in tante occasioni, e in particolare nell’ambito del progetto “Consiglio a porte aperte”, incontrando i giovani e parlando d’Europa, ho costatato entusiasmo, fiducia e volontà di seguire insieme il tragitto, che fu in parte immaginato nel carcere di Ventotene da Altiero Spinelli, nell’omonimo Manifesto, “per costituire un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, spazzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consente una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli”. Il cimento, non certo semplice, ma doveroso è quello di riaccendere in tutti gli europei il lume dell’entusiasmo e della speranza in un’Europa giusta, democratica, rappresentativa, moderna, con una forte identità scaturente dalle sue diversità”.